Peppino Impastato: La mafia uccide, il silenzio pure
09-05-2016 12:54 - ATTUALITA´
Cinisi (PA). Di Giada Verre. Nella notte tra l´8 e il 9 maggio del 1978, mentre l´Italia è sotto choc per il ritrovamento a Roma del cadavere di Aldo Moro, a Cinisi, un paesino a 30 km da Palermo, muore dilaniato da una violenta esplosione Giuseppe Impastato, giornalista, poeta e attivista della sinistra extraparlamentare. Giuseppe, detto Peppino, venne ucciso dalla mafia, su ordine di Gaetano Badalamenti, boss di Cinisi e capo di Cosa Nostra. Impastato nacque il 5 gennaio 1948 in una famiglia storicamente mafiosa, il padre durante il periodo fascista era stato inviato al confino e il cognato del padre era il capomafia Cesare Manzella. Nonostante il suo nome e i legami con Cosa Nostra, Peppino rompe i rapporti con il padre, che lo caccia di casa, ed avvia un´attività politico-culturale antimafiosa, dichiarando così guerra alla mafia, denunciandone traffici illeciti e intrecci con la politica. Nel 1965 fonda il giornale "L´idea socialista" che dopo alcuni numeri sarà sequestrato, e dal 1968 in poi partecipa, con ruolo di dirigente, alle attività dei gruppi comunisti. Conduce battaglie nel sociale a favore dei contadini che venivano espropriati delle terre per la costruzione della terza pista dell´aeroporto di Palermo in territorio di Cinisi, principale collegamento con la mafia americana e per il traffico di stupefacenti. Nel 1976 costituisce il gruppo "Musica e cultura", punto di riferimento per i giovani di Cinisi, e nello stesso anno fonda "Radio Aut", radio libera, con cui denuncia i delitti e gli affari dei mafiosi del territorio, in primo luogo del capomafia Don Tano Badalamenti (chiamato "Tano Seduto"). Il programma più seguito è "Onda pazza" trasmissione satirica con cui Peppino e i suoi compagni sbeffeggiano con acuta ironia mafiosi e politici di Cinisi e dei territori limitrofi. Inutili i tentativi della madre di mettere in guardia il figlio sui pericoli che stava correndo, nel 1978, poco prima di morire, si candida nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali. Non fece in tempo a sapere l´esito della votazione, perché la sera dell´8 maggio Impastato venne ucciso a colpi di pietra e il suo cadavere venne fatto saltare con del tritolo sui binari della ferrovia Palermo-Trapani. L´uccisione avvenuta in piena notte riuscì a passare, la mattina seguente, quasi inosservata, dal momento che proprio in quelle ore veniva ritrovato in via Caetani a Roma, il corpo di Aldo Moro. Stampa, forze dell´ordine e magistratura ipotizzarono un suicidio o addirittura che il giovane fosse morto saltando in aria mentre preparava un attentato dinamitardo. La verità venne uccisa due volte, nessuno parla o ha il coraggio di parlare di un omicidio di mafia, i depistaggi delle forze dell´ordine e l´alterazione della scena del crimine (le macchie di sangue trovate nel casale dove venne ucciso non furono analizzate, e molte prove sparirono misteriosamente) miravano a distruggere la memoria e il lavoro politico di Peppino. Ma i tentativi di oscurare l´immagine di Impastato furono vani, e a dimostrarlo fu il corteo di gente che si riversò per le strade di Cinisi il giorno del suo funerale. L´inchiesta giudiziaria venne riaperta grazie ai famigliari e ai compagni di Peppino, che costituitisi parte civile, con l´aiuto di Salvo Vitale e Umberto Santino, il fondatore del centro di documentazione antimafia, individuarono la matrice mafiosa dell´omicidio, indicando come mandante del delitto il boss Gaetano Badalamenti. La madre, Felicia Bartolotta, e il fratello Giovanni divennero i custodi della memoria di Peppino e suoi difensori, che, rompendo pubblicamente con la parentela mafiosa, lottarono per far emergere la verità. Chiusa e riaperta più volte, l´inchiesta portò infine alla condanna all´ergastolo di Gaetano Badalamenti, l´11 aprile 2002. Ci sono voluti 23 anni per fare giustizia sull´assassinio di Impastato, perché venisse bollato a tutti gli effetti come un morto di mafia. Peppino ha lasciato un seme, che negli anni ha dato i suoi frutti, e se oggi a Cinisi sono presenti delle amministrazioni molto impegnate sul fronte della mafia è anche grazie al messaggio che ha saputo trasmettere. Giuseppe Impastato è morto perché non aveva paura, e non avere paura in un paese generatore di mafia come Cinisi, equivaleva alla morte, ma il suo sacrificio non è stato vano, poiché ci ha educati ad una disubbidienza civile contro la cultura mafiosa. Peppino era un ribelle, un rivoluzionario che lottava per i suoi ideali, legati all´idea di uguaglianza e di emancipazione di coloro che venivano sfruttati. Era un siciliano libero, era un uomo che si è rifiutato di tacere, e la sua voce, la voce trasmessa da Radio Aut, ha spinto centinaia di ragazzi a ribellarsi, a scendere in piazza per denunciare le ingiustizie. Peppino ci ha insegnato a combattere, a non abbassare la testa, e continua a vivere negli ideali di chi, come lui, si rifiuta di avere paura.
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